Sul sito di Beppe Grillo, prima ancora dell’annuncio e dei codici conseguenti, compare una foto: c’è il fondatore del Movimento 5 Stelle assieme a Luigi Di Maio, il nuovo «capo politico». I due si guardano negli occhi sotto una pioggia di coriandoli, come se fosse un riconoscimento reciproco. Forse si tratta di un vero e proprio passaggio di consegne. Il M5S era atteso al varo delle nuove regole per presentare le candidature alle primarie online in vista delle elezioni politiche, ma ha fatto di necessità virtù: ha azzerato tutto. Si riparte con regolamenti riformati, un codice etico rinnovato e lo statuto di una nuova «associazione Movimento 5 Stelle» confezionata apposta, nella speranza di evitare altri ricorsi e sberle giudiziarie.
IL COMBINATO DISPOSTO di questa vera e propria rifondazione del M5S riconosce la facoltà dell’ultima parola al «garante» e al «capo politico», Grillo e Di Maio. Saranno loro ad apporre il timbro sui listini proporzionali, anche dopo le parlamentarie. E saranno sempre loro a disporre il tabellone delle candidature nei collegi uninominali. «Il Capo Politico, sentito il Garante, ha facoltà di valutare la compatibilità della candidatura con i valori e le politiche del Movimento 5 Stelle, esprimendo l’eventuale parere vincolante negativo sull’opportunità di accettazione della candidatura», recita il regolamento.
SI PARLAVA DELL’APERTURA a candidati «indipendenti», ma l’artificio scovato è diverso. Da domani chiunque è libero di iscriversi alla nuova associazione denominata M5S e dunque di candidarsi. Un gesto di «apertura», ha sottolineato Di Maio. C’è tempo fino a mezzogiorno del 3 gennaio per registrarsi e autocandidarsi alle parlamentarie previste per metà mese. Le norme consentono anche agli indagati di concorrere per un seggio, purché i reati contestati non siano gravi o lesivi dei valori pentastellati. Altra questione dirimente era quella del tetto dei 40 anni per i pretendenti un posto alla Camera. La regola minacciava di far fuori molti dei deputati uscenti. E dunque il limite d’età resta in vigore, ma viene fissata una deroga proprio per chi aspira al secondo mandato. Che sarà l’ultimo: si conferma il vincolo del doppio mandato elettivo che trasforma la prossima legislatura nell’ultima occasione per molti parlamentari (e per lo stesso Di Maio). Il vincolo, peraltro, pare cozzare con la durata della carica di «capo politico»: può durare fino a dieci anni e viene riconfermata ogni cinque. Di Maio sarà anche tesoriere, il comitato di garanzia e il collegio dei probiviri sono composti da fedelissimi del candidato premier.
CIÒ NON TOGLIE che la piattaforma digitale Rousseau, tanto cara a Davide Casaleggio, passi in secondo piano. Lo statuto vincola il M5S al portale Rousseau, definendolo come strumento informatico principale. Le nuove regole stabiliscono anche la tassa da versare al portale gestito da Casaleggio: «All’atto dell’autocandidatura ogni candidato si impegna, qualora la sua candidatura dovesse essere accettata e successivamente risultasse eletto, a erogare un contributo mensile di 300 euro destinato al mantenimento delle piattaforme tecnologiche che supportano l’attività dei gruppi e dei singoli parlamentari». Se i parlamentari dovessero essere di nuovo attorno ai 200, si tratterebbe di un bel gruzzoletto.
Resta la penale in caso di cambio di casacca o dissenso politico: 100 mila euro. A conferma del fatto che non si esclude di stringere alleanze, sebbene questa parola resti un tabù, si legge che gli eletti saranno tenuti «a votare la fiducia, ogni qualvolta ciò si renda necessario, ai governi presieduti da un presidente del consiglio dei ministri espressione del M5S». Dunque, l’unica prerogativa è che il premier sia espressione dei 5 Stelle, per tutto il resto Luigi Di Maio si tiene le mani libere, aperte ad ogni possibilità.
«IL REGOLAMENTO per le candidature è blindato, ma la rottamazione della prima associazione è un problema», dice al manifesto l’avvocato Lorenzo Borrè, che ha curato (e vinto) numerosi ricorsi di grillini contro il M5S. «Il fatto è che le associazioni non si sciolgono così. Ora abbiamo un’associazione chiamata Movimento 5 Stelle che ha lo stesso nome e lo stesso capo della prima. Il che dal mio punto di vista, suffragato dalla giurisprudenza, non funziona. E potrebbe portare gli iscritti dell’associazione disciolta a rivalersi. Non si può dare per scontato che il vecchio Movimento sia rottamato. Beppe Grillo da questo punto di vista è in conflitto di interessi. Hanno alzato la posta ma rischiano di perdere tutto il piatto».