Ma ’sto ministro Poletti, dove l’hanno preso? Dice che viene dal Pci, che ha fatto la gavetta e tutto. Sarà. Non ha lasciato grandi segni nella politica italiana nei primi 40 anni della sua militanza. E anche la militanza non deve aver lasciato grandi segni su di lui…
Da qualche mese, invece, i segni lui li lascia eccome. I segni, i graffi. Passerà alla storia, insieme a Renzi, come l’uomo che ha cancellato le grandi conquiste del lavoro ottenute negli anni sessanta e nell’autunno caldo. Ha cancellato lo statuto dei lavoratori, frutto di anni di battaglie di massa, dei sindacati, e anche di leader di centrosinistra molto importanti come Brodolini, Gino Giugni e Donat Cattin. Pensare a Poletti come un uomo di sinistra davvero richiede molta fantasia. Vabbè che il Jobs Act va intestato soprattutto a Renzi, però almeno Renzi ha la giustificazione di essere, in origine, un democristiano di destra. C’è meno incoerenza nella sua biografia.
Ora però Poletti è andato oltre. Per dimostrare a tutti che lui non è un reazionario improvvisato, ma lo è in modo organico e radicato, si è lanciato nella retorica anti-giovani – cavallo di battaglia di tutti i reazionari dall’epoca dell’antica Roma – spiegando (come mi ricordo faceva sempre, quando io ero ragazzino, un generale dell’aeronautica che viveva vicino a casa mia, ottuagenario e brontolone, ma comunque meno acido dell’attuale ministro) che questi ragazzi i tre mesi di vacanza estiva proprio non se li meritano, e che farebbero bene, tutti quanti, d’estate, ad andare a lavorare, scaricare cassette o cose così. Non si è capito se vuole imporre per legge il lavoro estivo, ma sembra di sì.
Le agenzie di stampa che hanno ripreso le sue dichiarazioni, non riportano frasi contro i piercing, i tatuaggi né quelle che si dicevano una volta contro i capelloni (ma questo, forse, anche perché il ministro è un po’ capellone anche lui…).
Chissà se Poletti (che ogni tanto il ministero del lavoro dovrebbe frequentarlo) è stato informato sulle cifre della disoccupazione giovanile in Italia. Nessun funzionario del suo ministero, evidentemente, lo ha informato che la metà dei giovani vive in disoccupazione. Anche perché una geniale riforma delle pensioni ha bloccato, per almeno 5 anni, più di un milione di posti di lavoro.
Uno può anche riderci su, pensando che ’sti ministri ora cercano un po’ tutti di imitare Renzi, e quindi di parlare di cose che ignorano, senza pensarci troppo su. Però c’è poco da ridere. Le sciocchezze di Poletti fanno anche un po’ rabbia. Che un ministro del lavoro spinga i ragazzini ad andare a lavorare più o meno gratis, per aumentare il precariato e il semischiavismo e togliere lavoro, magari, a chi la scuola l’ha lasciata per cercare un impiego, francamente non è una bella cosa. Dimostra solo che nel governo ci sono un po’ troppi dilettanti.
P.S. C’era un personaggio, straordinario, nell’”Alto Gradimento” (fantastica trasmissione radiofonica di 35 anni fa di Renzo Arbore e Gianni Boncompagni) che si chiamava professor Aristogitone. Pronunciava sempre questa frase: «Studenti, fetenti e delinquenti…». Lo interpretava Mario Marenco. Ora lo interpreta Poletti…