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CONSIGLIERE COMUNALE 5 STELLE DI ROVIGO LASCIA IL MOVIMENTO

“Il mio impegno con il M5S finisce oggi”. Ivaldo Vernelli, consigliere comunale M5S, candidato sindaco alle ultime elezioni comunali di Rovigo saluta il Movimento 5 Stelle. Il M5S in consiglio comunale a Rovigo sarà rappresentato solo da un solo consigliere. Vernelli, invece, probabilmente punterà a costituire un movimento civico.

I motivi del suo addio li ha spiegati ieri ad un’assemblea di Salzano (Venezia) e con un lungo post sulla sua pagina Facebook. In sostanza Vernelli non si riconosceva più nella linea politica pentastellata. E infatti dice che “ormai non è più possibile illudersi; a Roma e in Puglia clamorose manifestazioni di elettori traditi ci richiamano alle nostre responsabilità”.

Il mio impegno con il M5s finisce oggi.
Nel documento di seguito spiego perché ormai non è più possibile illudersi; a Roma e in Puglia clamorose manifestazioni di elettori traditi ci richiamano alle nostre responsabilità.Arrivederci,
Ivaldo Vernelli
Da oltre 17 mesi non è più stata convocata una assemblea pubblica di confronto tra gli attivisti, i consiglieri comunali e regionali e i parlamentari del M5s del Veneto.
Nel frattempo il M5s ha conosciuto scossoni e stravolgimenti, sconcertanti cambi di linea. Per quanto il consenso sia ampio e fiducioso, cresce la disillusione degli attivisti e appare sempre più fragile la capillare rete di diffusione nei territori.
L’organizzazione su scala locale intermedia è stata consapevolmente contrastata per evitare la formazione di strutture stabili di minoranza interna. Il dissenso è stato stroncato sul nascere.
Il controllo dei vertici è ferreo e avviene con poche semplici regole: l’azione del MoVimento su scala comunale è lasciata svilupparsi in piena libertà finché resta irrilevante e non si frappone all’azione coordinata di pochissime persone ai vertici dei gruppi parlamentari e dei consigli regionali; i referenti apicali sono scelti per cooptazione da un gruppo ristretto di persone che fa riferimento alla Casaleggio srl e alla rete dei responsabili per la comunicazione;
la linea politica è fissata dall’alto e trasmessa secondo una rigida sequenza di comando; non possono avere alcun ruolo persone esperte e capaci anche solo potenzialmente in grado di frammentare la catena autoreferenziale.
Il M5s è quindi una macchina per mantenere viva al massimo grado la pressione di propaganda e per spegnere il libero confronto dialettico:
la meritocrazia è misurata sulla lealtà acefala ed è attivamente scoraggiata la selezione delle competenze.
In un momento che possiamo ben percepire come di svolta epocale, oggi sentiamo la necessità di convocare in Veneto una assemblea regionale del MoVimento – aperta a tutti i cittadini – per reagire e contrastare l’orribile mutazione che abbiamo subìto dopo la vittoria nel referendum del 4 dicembre 2016 e dopo il crollo del progetto autoritario sotteso.
Abbiamo avuto a portata di mano l’occasione di poter attuare il rinnovamento delle istituzioni, di portare a compimento le battaglie dei comitati per la tutela dei beni comuni, di sconfiggere le lobbies delle infiltrazioni corruttive, la vittoria dei valori di equità, solidarietà e civiltà, la democrazia partecipativa.
Le 5 stelle in cui abbiamo creduto (acqua pubblica, rispetto dell’ambiente, reti di comunicazione libere, crescita economica equa e durevole, flussi di energia sostenibili) oggi ci appaiono essere relegati in secondo piano rispetto ad una rischiosa compromissione con un alleato politico che insegue ben altre priorità.
Per gli attivisti del M5s che hanno convocato l’assemblea pubblica di oggi, 28 ottobre 2018, il contratto con la Lega è un errore tragico che porterà alla disgregazione del MoVimento e dell’enorme patrimonio di consenso che abbiamo conquistato in anni di battaglie generose all’opposizione. Peggio ancora, il contratto e i cedimenti cui assistiamo in questi primi mesi di azione del governo, faciliteranno lo slittamento di tanta parte del nostro consenso proprio verso la Lega. Grazie a noi tra breve la Lega sarà la forza maggioritaria nelle Regioni dell’Italia centrale e prenderà il posto del Pd nel sottogoverno locale, così come ha già preso il posto della DC nelle Regioni del Nord. Poco più in là nei mesi, entro il 2019, il nostro cedimento nelle Regioni del Sud dove ora la Lega è inesistente e comprensibilmente osteggiata aprirà delle praterie alla capacità di propaganda di un partito che sa come far lievitare l’inserzione capillare nei territori e nella organizzazione delle forme di comando distribuite. La Lega ha dimostrato nelle Regioni del Nord di essere capace di esercitare una potente egemonia e di assorbire mimeticamente il controllo dei giunti di articolazione dei plessi economico-sociali. Anche rispetto alla nuova frontiera europea che le alleanze internazionali di Salvini hanno aperto siamo miseramente impreparati.
La sfida che vogliamo aprire con l’assemblea autoconvocata risponde alla necessità impellente di cambiare le nostre modalità di azione, riprendere in modo credibile le nostre parole d’ordine e su queste dettare l’agenda politica, contrapporci al modello di società schierata, autoritaria e identitaria, propugnata dalla nuova destra.
Per riuscire in questo intento bisogna:
– staccare al più presto la spina al Governo
– sovvertire i vertici del M5s
– dissolvere l’asfissia del controllo propagandistico dell’apparato di comunicazione creato dalla Casaleggio srl e abbandonare questa società privata al proprio destino aziendale e svincolare le libere decisioni politiche del MoVimento
– smontare il dispositivo plebiscitario mistificato con il voto sulla piattaforma Rousseau che può solo sgorgare come atto fideistico di assenso.
Che cosa ha stravolto e corroso le aspirazioni di tanti di noi che avevano scelto con orgoglio l’adesione del M5s e ora se ne sentono profondamente respinti, con rammarico e asprezza?
Per comprenderlo basta mettere in fila i fatti e raccogliere una banale cronologia dell’ultimo anno.
Ecco di seguito un primo inquadramento, che approfondiremo con l’assemblea e le descisioni che assumeremo in conseguenza.
1. Luigi Di Maio è stato incoronato “capo politico” il 23 settembre 2017, sbaragliando nelle primarie online concorrenti pressoché sconosciuti e rimpiazzando Beppe Grillo nel ruolo cardine di punto di riferimento collettivo;
2. il M5s del Veneto e della Lombardia – con poche e rare eccezioni– ha entusiasticamente sostenuto il plebiscito di Zaia del 22 ottobre 2017 per l’autonomia differenziata del Veneto e ha appoggiato senza remore il referendum di Maroni;
3. il 30 dicembre 2017 dal “Blog delle Stelle” ci viene annunciato un nuovo Statuto, un nuovo Codice Etico, nuove regole per le candidature alle elezioni; perfino i parlamentari uscenti sono presi alla sprovvista; si scoprirà poi che lo Statuto è stato ideato da Davide Casaleggio e dallo Studio Lanzalone per scongiurare gli esiti negativi delle numerose cause avviate da militanti espulsi dal MoVimento. Nasce un nuovo M5S; Luca Lanzalone dal gennaio 2017 era consulente della Giunta Raggi per sbrogliare la controversa vicenda dello Stadio della Roma e dal 27 aprile 2017 era presidente di Acea, la municipalizzata che gestisce la rete idrica di Roma – si dimetterà il 14 giugno 2018 nel contesto delle indagini per corruzione;
4. il 16 e 17 gennaio 2018 si tengono le “parlamentarie” del M5s; vi prendono parte 39.991 iscritti; in tutta Italia sono centinaia gli attivisti che lamentano di essere stati esclusi senza motivazione; la piattaforma Rousseau si rivela del tutto inadeguata; i risultati sono resi pubblici in dettaglio il 3 febbraio 2018; si scoprirà presto che i candidati sono stati attentamente selezionati per assicurare una quasi assoluta conformità con la leadership del capo politico.
5. Il 13 febbraio 2018 l’europarlamentare David Borrelli esce a sorpresa dal M55s ed entra nel Gruppo misto; è uno dei tre soci dell’Associazione Rousseau: il 4 gennaio 2018 in una intervista al “Foglio” aveva dichiarato « Meno ne so e meglio è ». Molta reticenza da parte di tutti, incredibilmente nessuno gli chiede spiegazioni.
6. Le elezioni del 4 marzo 2018 assegnano al M5s il 32,68% dei voti alla Camera e il 32,22% dei voti al Senato. È il tracollo meritato del PD, ma nessuna coalizione dispone della maggioranza degli eletti. Seguiranno oltre due mesi di trattative per riuscire a trovare una composizione. Il M5s prima corteggia la Lega, poi rompe sul rifiuto di lasciare uno spazio a Forza Italia e si aspetta la resa incondizionata di Renzi, poi torna di nuovo verso la Lega. Appare evidente a tutti il desidero spasmodico di occupare il Governo, con chiunque voglia starci, tradendo il principio costitutivo del rigetto di ogni alleanza. Il capo politico e la Caseggio srl non possono lasciarsi sfuggire questa rara, ultima opportunità di lasciarsi alle spalle anni di opposizione.
7. Nel collegio plurinominale di Padova è rieletta la parlamentare uscente Silvia Benedetti; coinvolta nella contestazione del 13 febbraio 2018 rivolta ai parlamentari non in regola con il resoconto delle restituzioni, per Di Maio non fa più parte del MoVimento; aderisce al Gruppo Misto in attesa di un pronunciamento formale di espulsione. Nessuno riapre il dibattito in Veneto sulle mancate rendicontazioni dei consiglieri regionali.
8. Il voto nelle elezioni amministrative del 29 aprile 2018 non è confortante per il M5s; anche il 10 giugno 2018 la delusione è palese. A Siena e a Vicenza il M5s ha negato l’utilizzo del simbolo alle liste locali, favorendo il successo della Lega, forse intenzionalmente.
9. il 18 maggio 2018 l’improvvido e contraddittorio contratto con la Lega è ratificato dal 94% di 44.796 votanti sulla piattaforma Rousseau. Non è stato nemmeno immaginato di esporre sensatamente ragioni di contrarietà o ipotesi alternative.
10. A seguito del veto sul nome di Paolo Savona, il 27 maggio 2018 Giuseppe Conte rinuncia al mandato; Di Battista e Di Maio chiamano alla mobilitazione delle piazze davanti alle Prefetture per giungere all’ “impeachment” del Presidente della Repubblica; lo stesso Grillo si accorge che gli italiani non vogliono saperne di gesti insurrezionali e invita alla moderazione; il 31 maggio Conte è nuovamente incaricato e si presenta al giuramento come Presidente del Consiglio: il 1° giugno nasce il governo Salvini-Di Maio.
11. i primi atti del Governo Conte rivelano la forte capacità di attrazione dei temi cari a Salvini (flat tax, condono fiscale, ostilità verso l’euro e le istituzioni europee, immigrazione, sicurezza e propaganda identitaria, legittima difesa, naja obbligatoria): il suo consenso cresce vertiginosamente nei sondaggi. Il M5s che all’inizio sembra incassare la partita sulla riduzione dei vitalizi, si impantana, resta in grande difficoltà sui principali dossier della campagna elettorale e retrocede fino al voltafaccia (Ilva di Taranto, Tap, Tav, Pedemontana); il crollo del ponte di Genova rivela le ingenuità e l’impreparazione del ministro Toninelli; Laura Castelli, sottosegretario senza deleghe al Ministero dell’Economia, è in evidente frizione con il ministro Tria. Con il Decreto Dignità il ministro del lavoro Di Maio cerca di correggere maldestramente gli effetti negativi del Jobs Act, attacca senza rispetto istituzionale i tecnici dei Ministeri e il presidente dell’Inps Boeri, fatica a difendere il Reddito di Cittadinanza dalla sprezzante insofferenza proclamata incessantemente da Lega e Confindustria, propone una prudente e dubbia riforma del sistema pensionistico. Il 27 settembre annuncia dal balcone di Palazzo Chigi di aver imposto l’aumento del deficit per il 2019 al 2,4% del PIL e di aver otenuto le risorse con cui sarà “abolita la povertà”. Di Maio annuncia in televisione che una “manina” ha manipolato il decreto fiscale allargando l’ampiezza del condono; minaccia il ricorso alla Procura ma poi – di fronte alla reazione spazientita di Salvini – si adagia sulla comoda giustificazione del banale malinteso. Intanto fanno discutere la soluzione prospettata per l’ulteriore salvataggio di Alitalia e l’ipotesi di sanatoria degli abusi edilizi di Ischia infilata nella bozza del “decreto emergenze”. Scomparsa la riforma dei tempi di prescrizione; poche idee confuse contro la corruzione; nessuna idea per rendere più efficace ed equa l’azione della magistratura.
12. il 5 settembre 2018 l’hacker “@r0gue_0” si infiltra nuovamente nei server della Casaleggio srl; con il precedente attacco del 2 agosto 2017 aveva messo in evidenza il rischio di affidare la democrazia diretta a infrastrutture tecnologiche inadeguate (e private); il 21 dicembre 2017 il Garante per la privacy con il provvedimento n. 548 era intervenuto per prescrivere l’adozione di misure di sicurezza a tutela degli utenti della piattaforma Rousseau; il Garante tiene la Casaleggio srl sotto osservazione e si pronuncia ancora il 16 maggio 2018 (provvedimento n. 289) e il 4 ottobre 2018 (provvedimento n. 461);
13. il 6 settembre Jacopo Berti viene eletto nel Collegio dei Probi Viri con 5.522 voti su 15.448. Jacopo Berti domina – per scelta di Casaleggio – il debolissimo gruppo consiliare regionale del M5s del Veneto. Berti appare in evidente difficoltà di fronte allo straripante governatore Zaia e non sa se trattarlo da avversario o da alleato: sull’autonomia si è reso conto di aver dovuto lasciare tutta la strategia propagandistica alla Lega; non tiene più il fronte sulla Pedemontana; non riesce a frenare la ristrutturazione del comparto sanitario a vantaggio dei centri privati e dei super dirigenti allineati con Zaia; il M5s appare irrilevante per la tutela dell’ambiente, la bonifica della contaminazione da Pfas, il risarcimento dei risparmiatori truffati dai fallimenti delle Banche popolari. Il sistema industriale e finanziario è saldamente sotto il controllo del Governatore, che usa sapientemente le leve di investimento per turismo, trasporti e agricoltura, a scapito dell’ambiente. Il mondo universitario si effonde in omaggi e riconoscimenti, la formazione professionale è sotto tutela, come le associazioni sportive e la lobby della caccia. Grande entusiasmo del M5s per le Olimpiadi a Cortina.
14. il 22 settembre Rocco Casalino – grazie alla sapiente regia della trattativa tra Di Maio e Salvini e al ferreo controllo sul gruppo parlamentare è passato senza ostacoli dalla Casaleggio srl al ruolo di portavoce del Presidente del Consiglio (stipendio 169mila euro lordi annui), – attacca e minaccia i tecnici del Mef: «Tutto il 2019 sarà dedicato a far fuori quei pezzi di merda». Il M5s lo difende e reagisce all’indignazione generale e al procedimento istruito dal Consiglio di disciplina dei Giornalisti della Lombardia preannunciando un provvedimento di legge per l’abolizione dell’Ordine dei Giornalisti.
15. il 21 ottobre 2018 durante la prima kermesse governativa di “Italia 5 Stelle” Beppe Grillo cerca di riaccendere lo spirito contestatario del MoVimento con una infelice e spropositata invettiva contro il compassato Mattarella: «Il capo dello Stato ha troppi poteri»! E non si accorge del messaggio totalitario che manda, ben appostato al fianco di un Ministro dell’Interno che attacca i giudici, le Ong, i sindaci non subalterni, i movimenti di progressisti, i difensori dei diritti civili, delle diversità, della solidarietà e della tolleranza. Perfino il premier Conte si è affrettato a mitigarne i toni… Alessandro Di Battista, intanto, si dimostra impaziente di tornare in Italia, in tempo per tentare di ridare slancio alla campagna elettorale per le prossime elezioni europee.
16. Lo spread sui titoli di stato italiani è ben oltre la soglia dei 300 punti base; il 21 ottobre 2018 Moody’s ha declassato il rating dell’Italia quasi al livello spazzatura (BAA3), peggio di Colombia e Bulgaria; il 23 ottobre la Commissione UE ha bocciato la manovra economica dell’Italia, dopo che già il 9 ottobre Banca d’Italia e l’Ufficio Parlamentare del Bilancio avevano smentito la credibilità delle stime di crescita del PIL per il 2019 e respinto la validazione del quadro macroeconomico programmatico nella Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza. Da almeno tre mesi i grandi capitali si stanno spostando vorticosamente sulle banche estere.
Chi all’interno del M5s vuole discutere e riflettere su queste vicende è un dissidente ed è apertamente minacciato di espulsione.
Se non ci sarà vero e aperto confronto, il percorso da intraprendere è segnato.