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DIMISSIONI, LA PROPOSTA COMICA DI GRILLO

grillo-di-battista-matteoderricoDa un comico non ci si poteva aspettare altro che una proposta stravagante.

Perché non è automatico lo scioglimento del Senato con le dimissioni della metà più uno dei senatori che dovrebbe coinvolgere altri gruppi visto che i 5 Stelle da soli non bastano.

Dunque la proposta di dimissioni avanzata da Grillo resta una minaccia a cui finora crede solo Alessandro Di Battista: “Noi parlamentari del M5S siamo pronti alle dimissioni per far cadere il Parlamento e andare alla urne”.

Scettici gli altri grillini. Roberto Fico, membro del direttorio pentastellato, spiega: “Noi siamo sempre pronti a dimetterci se possiamo far cadere un Parlamento che non rappresenta più nessuno, ma questi sono più sogni che realtà”.

Alfonso Bonafede, deputato: “Noi siamo pronti a dimetterci. Certo, questo ha un senso se tutte le opposizioni lo fanno”.

Grillo, neppure può vantare l’originalità della proposta. I parlamentari del Pdl la avanzarono, nell’ottobre del 2013, per non far decadere Silvio Berlusconi dal Senato per l’applicazione della legge Severino. In quell’occasione, il vicepresidente grillino della Camera, Luigi Di Maio dichiarava: “Spero mantengano la promessa”.

Ma cosa prevedono i regolamenti parlamentari riguardo alle dimissioni di deputati e senatori e ancora prima cosa prevede la Costituzione cosi cara ai grillini.

Dice l’articolo_67 della Costituzione:

“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.”

In pratica la Costituzione dice che ogni cittadino è libero di accettare o di rifiutare la candidatura alle elezioni per il Parlamento e che, in caso di elezione, ogni cittadino può decidere se continuare o smettere di esercitare le sue funzioni senza avere particolari vincoli.

Un parlamentare presenta volontariamente le dimissioni in due diverse condizioni. La prima si verifica quando il parlamentare decide di assumere una carica o un impiego che è incompatibile con il suo mandato. Si tratta di solito del caso più semplice: la decisione viene comunicata alla camera cui appartiene il parlamentare, i cui membri ne prendono atto – di norma – senza procedere a una votazione. La seconda condizione è invece più complicata e si verifica quando il parlamentare si vuole dimettere per scelta personale.

Il parlamentare che si vuole dimettere spiega all’aula le proprie motivazioni, che devono essere accettate dalla stessa aula tramite una votazione. Questo meccanismo, almeno formalmente e per come era stato pensato in origine, serve per tutelare il dimissionario e l’istituzione: un parlamentare potrebbe, per esempio, annunciare le dimissioni in seguito alle pressioni ricevute dal proprio partito, cosa che andrebbe contro la norma sull’assenza del vincolo di mandato presente in Costituzione, o di un gruppo di interesse.

Sia il regolamento della Camera sia quello del Senato prevedono che la votazione si svolga a scrutinio segreto, come sempre nelle decisioni che riguardano un singolo individuo. Per cortesia e rispetto verso il parlamentare su cui si sta votando, di solito alla prima votazione la camera competente respinge le dimissioni. Ci sono stati diversi casi, come quello recente della senatrice del Movimento 5 Stelle Giovanna Mangili, in cui le dimissioni sono state rigettate e il parlamentare ha dovuto mantenere il proprio incarico.

Se i parlamentari del Movimento 5 Stelle decidessero di dimettersi in massa, ogni deputato dovrebbe presentare alla Camera le motivazioni delle proprie dimissioni e altrettanto dovrebbe fare ogni senatore in Senato. Le camere dovrebbero poi esaminare, dibattere e votare un caso per volta, con tempi che sarebbero molto lunghi. Inoltre il M5S non ha la maggioranza né alla Camera né al Senato: ogni parlamentare per dimettersi avrebbe bisogno di convincere almeno parte dei suoi colleghi di Scelta Civica, della Lega Nord, di FI, del PD, di SEL o del Gruppo Misto.

A dimissioni approvate, il seggio del parlamentare diventa vacante e deve essere quindi attribuito a una nuova persona. Le attuali leggi prevedono che il seggio rimasto libero sia occupato dal primo dei non eletti nella lista elettorale del partito cui appartiene il parlamentare dimesso. Infine, la camera competente deve ratificare l’arrivo del nuovo parlamentare.

In pratica, nel caso specifico la Camera dovrebbe approvare le dimissioni date da un deputato M5S e poi procedere a ratificare il subentro del primo dei non eletti sempre appartenente al M5S. Quest’ultimo, coerentemente con la decisione del partito, dovrebbe forse a sua volta presentare le dimissioni all’aula e si andrebbe avanti così fino all’esaurimento della lista dei non eletti, se il M5S vuole dare davvero delle conseguenze concrete alla sua scelta, sarebbero necessari anni di lavoro delle camere solo per esaurire le richieste di dimissioni.

mader