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GIORGIA MELONI AVREBBE VOLUTO ZELENSKY A SANREMO

“Io avrei preferito che Zelensky fosse stato presente a Sanremo”. Lo ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa a Bruxelles all’indomani del Consiglio straordinario europeo.

La premier ha aggiunto di aver “apprezzato” la scelta del presidente ucraino di inviare poi la lettera.
“Mi dispiace più che altro che si sia creata una polemica: non è mai facile far entrare la politica in una manifestazione come Sanremo, anche se poi ci entra sempre”, ha detto. “Credo che fosse comunque importante una sua presenza”.
L’annunciata partecipazione del presidente ucraino con un intervento registrato aveva provocato reazioni tra politici e personaggi pubblici contrari all’inclusione di temi politici nel Festival di Sanremo.

Politica e guerra da anni sono presenti all’Ariston in tutte le sue forme rappresentano un binomio solido e senza tempo, se si pensa che all’epoca del secondo festival, nel 1952, ‘Papaveri e papere’ fu considerata un brano ‘a rischio’ perchè alludeva al potere dei papaveri dell’allora Dc.
Negli anni la polemica a sfondo politico, quasi sempre legata agli interventi dei comici, è diventata un ingrediente praticamente fisso del festival ma questa volta non si tratta dell’intervento di un comico ma del presidente di una nazione in guerra, l’Ucraina.
A proposito di proteste, nel 1984 Pippo Baudo fece salire sul palco i metalmeccanici dell’Italsider contro la chiusura dello stabilimento e sempre superPippo l’anno successivo sventò il celebre salto dalla balaustra del disoccupato.
A proposito di religione, fu Roberto Benigni nel 1980 a dare scandalo per aver rivolto al papa di allora l’epiteto ‘Wojtilaccio’. Nei decenni successivi Benigni diventò un protagonista assoluto anche di Sanremo, suscitando sempre clamore. Nel 2002 il premio Oscar presentò una sua versione in chiave politica del Giudizio Universale e si lancia in battute sugli organi sessuali di Baudo, Berlusconi, Di Pietro, Fassino. Nel 2009 sparse battute su Berlusconi ma non risparmia Veltroni, Mina e Iva Zanicchi e, soprattutto, in difesa dell’amore omosessuale, chiuse il suo intervento con la lettera dal carcere di Oscar Wilde. Nel 2011 fece riscoprire il patriottismo all’Italia con l’Inno di Mameli. Una delle edizioni più turbolente fu quella del 1989: Beppe Grillo – che oggi si dice contrario alla presenza di Zelensky dal suo blog – distrusse il festival, attacchi feroci ai cantanti, ai giornalisti e soprattutto all’allora leader della Dc De Mita e al direttore generale della Rai Biagio Agnes. Non fu risparmiato Claudio Martelli per la vicenda di Malindi. La conclusione di Grillo, allora solo un comico, fu: ”io vi faccio ridere e poi mi fanno un c…o cosi’ a me”. Il trio Solenghi-Marchesini-Lopez si beccò gli strali del mondo cattolico per la parodia del Vangelo e la lettera di San Remo. Nel 2004 Adriano Celentano, arrivato all’Ariston in soccorso del suo amico Tony Renis (direttore artistico di un’edizione boicottata delle major del disco), disse: ”Io non dico mica che non si deve fare la politica. Vespa ha fatto ‘Porta a Porta Speciale Sanremo’ e come l’ha fatto lui, i politici ci stanno bene. Perchè il Festival e i politici devono restare due cose distinte”.
Nel frattempo aveva anche criticato il collegamento con Nassiriya, in Iraq, dove era stata compiuta una strage di carabinieri. Proprio Celentano nel 2012 creò un caso che quasi provocò un commissariamento del festival per il suo compenso (poi devoluto in beneficenza), ma soprattutto per le critiche violente alla stampa cattolica. Nel 2006, anno di scambi al vetriolo tra Pippo Baudo e Fabrizio Del Noce, allora direttore di Rai1, furono Padoa Schioppa e Prodi a criticare i compensi dei conduttori del festival, guadagnandosi la risposta piccata di Baudo. Tornando indietro nel tempo, nel 1999, il bagno di folla più pop d’Italia Gorbaciov lo ebbe a Sanremo, invitato da Fabio Fazio. “Noi siamo giunti da Mosca, dove c’è ancora vento e neve, per portarvi il nostro sentimento di amicizia”, spiegò dal palco assieme a un’elegantissima Raissa. Sempre nel 1999 Teo Teocoli si presentò sul palco in mutande imitando Gabriele Albertini; nel 1992 toccò l’apice la piccola epopea di Cavallo Pazzo, che riuscì a entrare in teatro guadagnandosi il primo posto nella lista dei most wanted del festival. In tempi più recenti nel 2016 tutti gli artisti indossarono i nastrini arcobaleno in favore della Legge Cirinnà sulle unioni civili. “A Sanremo si è portato il tema della violenza sulle donne (2020) con Rula Jebreal. Il racconto delle sanguinose stragi di mafia (2022) con Saviano.
Improvvisamente la politica si preoccupa per l’intervento di Zelensky sulla guerra a Sanremo2023.
Fonte: Ansa