Il Movimento 5 stelle deposita in Senato le firme raccolte per la proposta di legge di iniziativa popolare con cui indire il referendum per uscire dall’euro. L’obiettivo è quello di dare via alla legge di iniziativa popolare che porterà al referendum consultivo sulla moneta unica.
200 mila le firme presentate. Molto lontane da quelle previste da Grillo, nel dicembre del 2014, all’inizio della raccolta.
“Se portiamo 4 milioni di firme in Parlamento può succedere anche un miracolo”, diceva sicuro Grillo. “Basta con l’Euro, basta con l’Europa delle banche. E basta anche con la Germania. Per Beppe Grillo questa è un’Europa che deve essere ripensata” diceva Beppe Grillo. “L’obiettivo è raggiungere qualche milione di firme in sei mesi, per poi rimettere in discussione l’Europa e dare nuovi assetti all’Italia”.
Il Movimento 5 Stelle non perde solo i voti, perde anche le firme. Le centinaia e centinaia di banchetti aperti in tutto il Paese per raccogliere le firme #noeuro, in 6 mesi hanno portato appena 200mila adesioni. Insufficienti per “rimettere in discussione l’Europa e dare nuovi assetti all’Italia”.
Comunque inservibili per la procedura inconcludente che Grillo ha voluto prendere.
Perché ricorrere ad una Legge di iniziativa popolare secondo l’Art.71 della Costituzione —”Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli”— da sottoporre quindi all’attenzione Presidenti di una delle due Camere (che potrebbero come spesso è accaduto cestinare la proposta di legge)?
Insomma, se il M5S vuole davvero mettere l’uscita dell’euro al centro del dibattito ha la forza parlamentare per farlo. Non aveva bisogno di ricorrere alla raccolta delle 50mila firme per una Legge di iniziativa popolare per andare al referendum sull’uscita (o la permanenza) dalla moneta unica.
Grillo sa bene, qualcuno glielo avrà detto, che la Costituzione italiana non solo non contempla la possibilità di referendum abrogativi di Trattati internazionali (e quello di Maastricht che prevede la moneta unica lo è), ma neppure l’istituto del “referendum consultivo”.
Il leader dei 5 Stelle ha anche fatto accenno al referendum del 1989, ma quello era un referendum di Indirizzo costituzionale —stabilito dal titolo I della legge 25 maggio 1970, n. 352.
La richiesta un referendum di indirizzo costituzionale può essere presentata o da un quinto dei membri di una Camera, o da cinquecentomila elettori o da cinque Consigli regionali.
Infine: per essere effettivamente convocato il referendum di indirizzo costituzionale (che per essere valido non necessiterebbe di alcun quorum) deve tuttavia ottenere la maggioranza assoluta del Parlamento, è cioè necessario il voto favorevole del 50% più 1 dei componenti la Camera.
A questo punto Grillo deve solo spiegare ai suoi che tutto il circo che ha messo in piedi non porterà da nessuna parte, perché sa che non può avere il voto favorevole della maggioranza assoluta dei parlamentari.
Il secondo partito italiano, che raccoglie appena 200mila firme sui 3 0 4 o 5 milioni che contava di avere dalla piazza il referendum l’ha già perso.