GRILLO, IL PD E I SOLDI
di Marco Bracconi
Il finanziamento pubblico ai partiti non è un male in sé. E abolire rimborsi elettorali, magari dimezzando gli stipendi dei parlamentari, non ci aiuterà certo ad uscire dalla recessione.
Ma se il Pd vuole tornare al centro della scena, giocando per davvero la partita culturale e politica con Beppe Grillo, la sola strada possibile è rinunciare per il futuro ai rimborsi elettorali.
Non a tutti quelli previsti per questa tornata, perché significherebbe non avere alcun margine per gestire la transizione. Ma semplicemente annunciando che il primo provvedimento di un eventuale governo a guida democratica sarà l’abolizione totale – senza se e senza ma – dell’attuale meccanismo di finanziamento.
La buona politica sa valutare il momento in cui la difesa di un valore diventa controproducente, proprio perché così si mette a rischio un valore più alto. Ebbene, il momento è questo. Non perché Grillo lo pretende, ma perché l’opinione pubblica ha bisogno – qui e ora – di un immediato e fortissimo gesto che separi in maniera radicale la parola soldi dalla parola partito.
Non è questione di giusto o sbagliato. E’ una questione politica. In giro c’è parecchia furbizia, un bel po’ di populismo e tanta demagogia. Ma sono stati i partiti (e anche il Pd) a logorare agli occhi dell’opinione pubblica il link soldi-politica. A renderlo agli occhi della società non più tollerabile. A mettere se stessi nell’angolo. Ora sono loro a doverne uscire, c’è poco da fare.
Il Partito democratico non è un partito personale e non puo’ contare su fondi personali. E nel Pd lavorano tante persone oneste e per bene, che vengono retribuite per il loro lavoro. Rinunciare al finanziamento pubblico sarebbe una scelta dolorosa, che avrebbe costi umani molto alti e imporrebbe un profondo ripensamento della struttura del partito e della forma del proprio agire politico.
Ma per quanto doloroso possa essere, non c’è altra strada.
Se è vero – come è vero – che in gioco c’è la messa in sicurezza del meccanismo della rappresentanza, la dignità della politica, il senso di condivisione tra istituzioni e opinione pubblica, allora – giusto o sbagliato che sia – il solo modo è sgombrare il campo dalla faccenda dei soldi. E farlo adesso.
Verrà il tempo per le distinzioni, e sarà necessario trovare tutti assieme un modo trasparente e moderno con cui i cittadini possano contribuire al funzionamento della democrazia e dunque anche dei partiti. Ma se davvero si vogliono togliere di mezzo gli alibi e le furbizie propagandistiche; se davvero si vuole essere credibili quando si chiama ognuno alle sue responsabilità; se davvero si vuole cominciare a parlare d’altro, alla pari, sfidando gli avversari sul futuro del Paese e non del sistema politico in quanto tale, allora ci si metta una buona volta alle spalle questa storia dei soldi.
Abolire il finanziamento pubblico non è inseguire Grillo o cedere al suo ricatto. E’ il modo migliore per sfidarlo e per rimettersi in condizione di fare politica.
Perché sarà anche vero che Matteo Renzi ha modalità e linguaggi non sempre condivisibili. E sarà anche vero che indulge in demagogie un po’ tranchant. Ma su questo punto il sindaco di Firenze vede giusto e lontano. Se il Pd abolisse i rimborsi elettorali non farebbe pace con il leader del Movimento Cinque Stelle, che nemmeno se lo merita. Farebbe pace con l’Italia. Che invece forse sì.
mader