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M5S, QUEI MESSAGGI IN CODICE PER UN DIVORZIO GIÀ CONSUMATO

Solo una innocente congiunzione – «qualora» – separa il Movimento 5 Stelle e Davide Casaleggio dal divorzio e dalla scissione. «Qualora si avviasse la trasformazione in un partito» avverte il padrone della piattaforma Rousseau, né Crimi né Di Maio né nessuno dei parlamentari potrà più utilizzare i nostri dati.

E questo ultimatum, che solo in apparenza – è l’analisi di Sebastiano Messina su la Repubblica – somiglia al messaggio di un webmaster che minaccia di staccare la spina al cliente moroso. In realtà è il segno che la rottura è già avvenuta e la pratica nelle mani degli avvocati.

Se non fosse così, mai Davide Casaleggio avrebbe srcitto che «è arrivato il momento di prendere posizione»accusando ministri e parlamentari di aver dimenticato e sconfessato le promesse di quel 4 ottobre di undici anni fa, quando Grillo e suo padre Gianroberto fondarono al teatro Smeraldo di Milano quello che sarebbe diventato il primo partito italiano. Mai avrebbe implicitamente ammesso che il suo sistema informatico non è un semplice server ma la cassaforte digitale che custodisce tutti i dati degli iscritti e le mail dei parlamentari, e se lui chiude la porta neanche il “capo politico” saprà più chi sono, dove sono e come sono raggiungibili i grillini di tutta Italia.
Se non fosse così, mai il Comitato di garanzia del m5S (Crimi, Lombardi e Cancelleri) gli avrebbe risposto seccamente che lui «non ricopre acuna carica nel Movimento», e il suo post è solo «un’iniziativa personale ed arbitraria», trattandolo improvvisamente come un intruso.
Strappato dunque il velo dietro al quale si nascondeva il figlio dell’ex co-fondatore quando assicurava di essere solo un semplice iscritto che offriva volontariamente la sua assistenza tecnica – mentre persino il New York Times mise nero su bianco che lui era «l’uomo misterioso che gestisce nell’ombra il M5S» – il divorzio che appare ormai inevitabile obbligherà tutti a rivelare chi è il padrone di casa. Di chi è il Blog delle Stelle? Chi è il vero padrone del simbolo? E soprattutto achi appartengono, legalmente, le chiavi dei dati raccolti in questi undici anni, compresi i nomi, i telefoni, gli indirizzi email, i curriculum pubblici e i dossier riservati degli iscritti?
Non sarà un bello spettacolo, per un movimento nato nel nome della trasparenza ma passato dallo streaming alle riunioni blindate.
Eppure prima o poi doveva succedere. E oggi, come ha scritto Casaleggio jr, «il momento è arrivato».