Manlio Di Stefano, il sottosegretario agli Esteri pentastellato, aveva spiegato come l’Italia non intenda riconoscere Juan Guaidò, dopo la decisione del Parlamento europeo di riconoscerlo come legittimo presidente del Venezuela, votazione da cui i cinque stelle e la Lega si sono astenuti:
“L’Italia non riconosce Guaidò perché siamo totalmente contrari al fatto che un Paese o un insieme di Paesi terzi possano determinare le politiche interne di un altro Paese. Si chiama principio di non ingerenza ed è riconosciuto dalle Nazioni Unite”.
“Oggi il più grande interesse che abbiamo – ha aggiunto Di Stefano – è quello di evitare una nuova guerra in Venezuela. Stesso errore che è stato fatto in Libia oggi riconosciuto da tutti. Dobbiamo evitare che succeda lo stesso in Venezuela”.
Anche Luigi Di Maio ribadisce che “non riconosciamo né Maduro né Guaidò”. “Visto che siamo già stati scottati dalle ingerenze in altri Stati – spiega il vice premier – non vogliamo arrivare al punto di riconoscere soggetti che non sono stati votati. Per questo non riconosciamo neppure Maduro e per questo l’Italia continua a perseguire la via diplomatica e di mediazione con tutti gli Stati per arrivare ad un processo che porti a nuove elezioni ma senza ultimatum e senza riconoscere soggetti che non sono stati eletti”.
Peccato che lo stesso ‘principio di non ingerenza’ non sia stato adottato da Di Maio quando ha teso la mano ai gilet gialli francesi.
Intervistato dal Tg2 Juan Guaidò, presidente ad interim del Venezuela, ha risposto così ai dubbi sollevati dal sottosegretario 5 Stelle agli Esteri: “In Venezuela oggi non c’è il rischio di una seconda Libia, consiglio al sottosegretario Di Stefano di informarsi. Non c’è questo rischio perché oggi il 90% dei venezuelani vuole il cambiamento.
Lo stesso, ha aggiunto Guaidò, vale per i membri italiani dell’Europarlamento che “non hanno sostenuto la risoluzione del Parlamento europeo” che ha chiesto all’Ue di riconoscere il presidente ad interim: “Questo denota un po’ di scarsa conoscenza di quello che succede in Venezuela. È un fatto importante, spero che gli altri governi la seguano”. Anche l’Italia? “Anche l’Italia può fare molto per il mio Paese. In Venezuela i giorni si contano in vite: in persone assassinate dal regime, uccise dalla fame o lungo il viaggio a piedi fino in Ecuador”.