“Una strada senza via di uscita”. Sono le parole usate dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, dopo aver ricevuto il rapporto del ministero dell’Ambiente, conferma la legittimità del progetto per la realizzazione della Tap il gasdotto Trans-Adriatico che arriverà in provincia di Lecce. Da un’analisi dei costi-benefici, studiando anche i documenti delle autorità locali, è emerso che un’interruzione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, “pari a decine di miliardi di euro”.
Lo stesso ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, nella nota in cui annuncia l’invio della relazione al premier, sottolinea come “anche nei punti contestati” del progetto “non sono emersi profili di illegittimità”. E la decisione gela la componente 5S al governo, componente per la quale il blocco dell’opera in Puglia era stata bandiera della campagna elettorale.
Il vicepremier Luigi Di Maio cerca di placare gli animi: “Ci sono fino a 20 miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme”. Ma “non abbasseremo la guardia” sottolinea, riferendosi al ‘Trans adriatic pipeline’ (TAP), gasdotto di 4mila chilometri per importare il metano dall’Azerbaijan.
Attraversando Georgia, Turchia, Grecia e l’Adriatico, arrivando a San Foca di Melendugno, in Salento, l’infrastruttura energetica dovrebbe riversare nelle reti nazionali 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno (che potrebbero raddoppiare in seguito), pari al fabbisogno energetico di circa 7 milioni di famiglie.
Esulta per il via libera all’opera l’altro vicepremier, Matteo Salvini: ”Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori”. Ma intanto, sui cellulari dei parlamentari 5S, uno degli sms che rimbalza è “vendiamo l’anima alla Lega”.
Fonti di governo del Movimento hanno spiegato all’AdnKronos che tutti i ministri pentastellati hanno dato il proprio contributo per approfondire il dossier Tap. Ma alla fine, a causa delle penali salatissime, è arrivato il via libera all’opera che divide le due anime dell’esecutivo.
Il Movimento No Tap chiede “le dimissioni di tutti i politici che in campagna elettorale hanno fatto promesse sulla possibilità di bloccare il gasdotto Tap”: la nota arriva dopo che il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ha fatto sapere che le verifiche dei tecnici ministeriali sull’iter autorizzativo del gasdotto non hanno riscontrato illegittimità. La richiesta di dimissioni riguarda gli esponenti del M5S, che proprio sul tema Tap hanno giocato le campagne elettorali degli ultimi anni in Salento. “La battaglia continua su tanti tavoli – hanno scritto gli attivisti – dal territorio all’Europa”. Già per domenica è in programma una prima manifestazione di protesta, sotto la sede della delegazione della Capitaneria di porto a San Foca, la marina di Melendugno in cui approderà il gasdotto. I lavori di costruzione dell’opera potrebbero ripartire con alcuni interventi in mare, autorizzati proprio dalla Capitaneria.
“Con noi al governo, quest’opera la blocchiamo in due settimane”. Questa la promessa solenne che nel 2017 Alessandro Di Battista fece ai suoi elettori e a centinaia di manifestanti durante un comizio a San Foca, in Salento. Proprio a pochi passi dal cantiere del gasdotto Tap. Promessa che però ora il Movimento Cinque Stelle, che in Salento ha ottenuto un record di preferenze, non sta mantenendo. Scatta così la rabbia dei comitati No Tap che furiosi e parlano di “tradimento”.