Il 26 aprile 2017 il vicepresidente del Consiglio, allora vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio rispondendo alla domanda su cosa farebbe il Movimento 5 stelle per Alitalia se fosse al governo, rispondeva ai cronisti:
“Nominare un commissario al di sopra delle parti, chiudere un piano industriale credibile che cerchi anche partner europei e che elimini gli sprechi”. E’ la ricetta del M5s per rilanciare Alitalia iniziando a ragionare su due nuove direttrici di sviluppo: “il cargo e il lunghissimo raggio”. “Possiamo recuperare il 30% di spesa improduttiva se cominciano a tagliare gli sprechi e non solo i salari dei dipendenti” E aggiungeva: “Quello sottoposto al referendum non era un piano industriale ma un piano finanziario che nella solita tradizione tagliava solo ai dipendenti. Dobbiamo mandare via anche il management che ha provocato tutto questo disastro”.
Intervistato, qualche ora dopo, da Nicola Porro per Matrix sembrava chiarire la linea del M5S, nessuna nazionalizzazione:
“Sono fiducioso sul fatto che Alitalia possa stare sul mercato senza soldi pubblici!”, dice Di Maio. Quel che serve ad Alitalia, spiega il probabile candidato premier dei 5 Stelle, è nominare un commissario che presenti un piano industriale che abbatta gli sprechi per poi aprirsi a partnership con Air France o Lufthansa, sperando che gli investitori arrivino quando la compagnia sarà risanata. “L’entrata dello Stato in questo momento è un discorso prematuro perché se si fa un buon piano industriale e una riorganizzazione sarà il mercato ad avvicinarsi e Alitalia si renderà appetibile sui mercati e troverà nuovi azionisti”.
Arriviamo alle ultime ore e Di Maio esce con la proposta illustrata, prima in una intervista al Sole 24 Ore e poi nell’incontro con i sindacati, con il ritorno dello Stato come azionista di Alitalia attraverso il Mef con una newco partecipata anche da Fs.
Un’altra invasione di campo nel governo. Tria tira il freno sull’ipotesi di ingresso del Tesoro nel capitale di Alitalia: “Io penso – ha detto a margine dei lavori dell’Fmi a Bali – che delle cose che fa il Tesoro debba parlare il ministro dell’Economia. Io non ne ho parlato”. Insomma il ministro Tria non prende bene l’uscita di Di Maio su Alitalia secondo il quale il governo italiano prevede il ritorno dello Stato come azionista attraverso il Mef con una newco partecipata anche da Fs. È questo in estrema sintesi il progetto che oggi il vice premier Luigi Di Maio ha illustrato, prima in una intervista al Sole 24 Ore e poi nell’incontro con i sindacati. Ma nel pomeriggio però il ministro dell’Economia Giovanni Tria ha frenato: “Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell’Economia”.
Non è il primo sgarbo istituzionale che i due vicepremier hanno tirato a Ministro dell’Economia considerato spesso a servizio degli sfizi dei due vice. “Io non ne ho parlato”, ha detto il ministro a proposito dell’ingresso dello Stato nel capitale. Secondo Di Maio invece la partecipazione dello Stato nella nuova compagnia, avverrà attraverso la costituzione di una newco con “una dotazione iniziale tra 1,5 e 2 miliardi” in cui lo Stato manterrà una quota vicina al 15% con in programma anche l’ingresso di Ferrovie dello Stato. Poi Di Maio ha specificato che “il ministero dell’Economia convertirà in equity parte del prestito con cui coprirà la quota del 15% di partecipazione nella Newco”. Ecco che Tria viene nuovamente utilizzato come passacarte di Palazzo Chigi e privato di ulteriore autonomia di decisione. Basta ricordare i numeri della manovra. Nella prima versione Tria aveva indicato il rapporto pil/deficit all’1,6%, se quel numero non fosse stato rispettato aveva già le dimissioni pronte nel cassetto. Risultato, quel numero è stato cambiato e il deficit ora è indicato al 2,4% e Tria ancora al suo posto di Ministro.
Sulla tempistica su Alitalia il ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, avrebbe pronta la soluzione entro ottobre aggiungendo comunque che si sta lavorando ad un piano industriale di lungo termine. “Bene le rassicurazioni, ma vogliamo fatti concreti. Il tempo è molto stretto,bisogna che siano giorni,non settimane quelle in cui si definisce la lettera vincolante”su Alitalia,ha detto il segretario Cgil Camusso. “Si sta partendo con il piede giusto per chiudere questa vertenza come fatto con Ilva,senza esuberi ma con piano di rilancio”,dice Barbagallo, Uil. Per Cuccello, Cisl,” abbiamo chiesto e avuto rassicurazioni su garanzie per lavoratori in Cigs e fondo trasporto”.