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QUANDO DI MAIO ESULTAVA PER L’ACCORDO CON LA WHIRLPOOL: NON LICENZIERÀ NESSUNO

L’attuale Ministro degli Esteri Luigi Di Maio (M5S) in un  post pubblicato su Facebook il 30 ottobre del 2018, quando era a capo del Mise, Ministero dello Sviluppo Economico, primo governo Conte, affermava: “Whirlpool non licenzierà nessuno e, anzi, riporterà in Italia parte della sua produzione che aveva spostato in Polonia. Questo è il frutto di una lunga contrattazione che siamo riusciti a chiudere al ministero dello Sviluppo Economico. Sono quindi orgoglioso di dire che ce l’abbiamo fatta: stiamo riportando lavoro in Italia!”. Un annuncio, anzi, un’assicurazione, che torna indietro e non da oggi.

Qualche giorno prima, il 25 ottobre del 2018, ancora, il leader 5 Stelle, Di Maio annunciava sempre su Facebook: ”Ho appena firmato un accordo di cui sono davvero orgoglioso perchè rappresenta un cambio di passo per l’Italia. Appena giunti al governo abbiamo iniziato una dura lotta contro le delocalizzazioni. Oggi sta succedendo qualcosa che va oltre: stiamo riportando lavoro in Italia. È un primo passo, ma molto importante. Si è chiuso infatti il tavolo che vedeva coinvolta l’azienda Whirlpool e siamo riusciti ad ottenere zero esuberi e un ritorno delle produzioni dalla Polonia all’Italia. RILOCALIZZIAMO, che bella parola! Alla faccia di tutti quelli che dicono che il nostro Paese non è un bel posto per investire, che qui non si può fare business.

Ieri sera abbiamo anche chiuso il tavolo che coinvolgeva lo stabilimento di Trieste della Flex, ottenendo la trasformazione di 227 contratti su somministrazione in contratti a tempo indeterminato.

Sono risultati importanti, lo voglio ripetere, per gli imprenditori, per i lavoratori e per l’Italia. Non dobbiamo avere paura, non dobbiamo farci spaventare da nessuno: ve lo ricordate quando ci dicevano che con il decreto dignità le aziende sarebbero fuggite, che i lavoratori sarebbe stati licenziati? Questo non sta accadendo.

E accadrà l’esatto opposto anche per gli investimenti previsti dalla Manovra del Popolo. Tutti vogliono incutere ansie e timori sul cambiamento che sta avvenendo, ma non ce n’è ragione. L’unica cosa di cui avere paura è la paura stessa! Andiamo avanti!”

Il 4 giugno 2019, il giornale Il Fatto Quotidiano, riferendosi sempre a Di Maio scriveva: “Fonti del ministero hanno riferito che il leader M5s ha ricordato che dal 2014 ad oggi il gruppo ha ricevuto 27 milioni di euro di fondi pubblici, assicurando che “lo Stato si farà rispettare” perché “si sono firmati accordi ben precisi e state creando un precedente gravissimo. Dovete rispettare le Istituzioni e i lavoratori. Io sono e sempre sarò al loro fianco. Siamo disposti a impegnarci ancora di più con l’azienda per trovare una soluzione”. Secondo le stesse fonti il ministro avrebbe detto: “Non si prende in giro lo stato italiano. Non con me, non con questo governo”.

Nell’ottobre del 2019 il Ministro pentastellato Stefano Patuanelli, che aveva sostituito Di Maio allo Sviluppo Economico, nel secondo governo Conte, attraverso un video su Facebook rivolgendosi direttamente ai lavoratori dello stabilimento Whirlpool garantiva: “In queste ore, l’azienda mi ha comunicato la volontà di bloccare la procedura di cessione dello stabilimento di Napoli”’. 

“È un primo passo – aggiungeva Patuanelli – un primo risultato che ci consente di risederci ad un tavolo per provare a risolvere definitivamente i problemi di quello stabilimento”.

“Su questa vertenza il Governo ci ha messo la faccia non voglio essere trionfalista, ma certamente è il passo più importante per arrivare a una soluzione definitiva. Ci sono nuovamente le condizioni per sederci a un tavolo per trovare una soluzione industriale al sito”.

Infatti, in queste ore, la Whirlpool ha deciso di avviare la procedura di licenziamento collettivo per i lavoratori dello stabilimento di via Argine a Napoli.

La comunicazione ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 223/91, che prevede una tempo di 75 giorni per cercare eventuali soluzioni alternative e segna di fatto l’avvio dei licenziamenti, esplicita che “la cessazione di attività dello stabilimento di Napoli è da intendersi finale e definitiva” e che la situazione “non consente di adottare misure alternative per minimizzare l’impatto sul personale” della procedura. Nelle oltre 70 pagine (11 di lettera e il resto di allegati), notificata sempre via pec, si sottolinea anche che non c’è “l’intenzione di richiedere ulteriore ammortizzatori sociali ordinari e straordinari, in ragione il fatto che le attività presso lo stabilimento di Napoli è definitivamente cessata il primo novembre 2020 e non si è ad oggi manifestata alcuna concreta possibilità di reindustrializzazione del sito”.

 “Non vi è alcuna possibilità di riassorbire il personale in esubero interessato nelle altre sedie della società territorialmente prossime”, si legge ancora. “Inoltre non è possibile utilizzare altre misure di lavoro flessibile alternative sempre in ragione della definitiva cessazione di attività”. Come da normativa, “la società si dichiara disponibile a valutare insieme ai sindacati e i ministeri competenti durante la procedura di consultazione”, ed entro il termine della medesima, appunto 75 giorni, misure sociali “per ridurre le conseguenze negative per la forza lavoro interessata della cessazione contratti di lavoro”.

 “L’unica soluzione concretamente identificata dallo scrivente (per non arrivare ai licenziamenti, ndr.) consiste nella cessione dello stabilimento di Napoli ad altro operatore industriale, che avrebbe effettuato una riconversione aziendale garantendo un futuro all’impianto ed il mantenimento degli attuali livelli occupazionali”. Tuttavia, “non è stata presa in considerazione delle organizzazioni sindacali” sottolinea la lettera.