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QUARTO A 5 STELLE: APPALTO ACQUEDOTTO, L’ANTICORRUZIONE SPULCIA LE DELIBERE DI GIUNTA

In quei giorni di campagna elettorale era diventato un assillo: «No che non basta, no che non può bastare – si dicevano i bene informati – la croce sul simbolo non può bastare. Bisogna votare Giovanni De Robbio, che è l’unico che ci conosce, l’unico che sa cosa è meglio per noi, insomma, per la nostra città». E ancora discorsi di questo tipo: «Solo lui ci rappresenta davvero, lui che sta assieme a quelli, che ormai vincono dappertutto…».

Parole in libertà al bar, in auto, negli uffici e nelle aziende. Già, le aziende. Non solo a Quarto, ma anche in altri contesti cittadini dell’hinterland, dove pure ci sono dipendenti e operai che votano a Quarto: «La croce (quella che esprime il consenso elettorale), su Giovanni De Robbio, punto». Eccolo il boom di preferenze del grillino più eletto nell’area flegrea, del primo rappresentante territoriale del partito di Grillo capace di diventare di lotta e di governo nel giro di un paio di settimane. Una barca di voti, costruita – dicono oggi i pm della Procura di Napoli – grazie a un patto affaristico che rischia di interessare anche le indagini antimafia. Aziende di servizi e imprese edili, attività imprenditoriali che dipendono da una sola fonte: il Palazzo, il Municipio. Ci sono almeno tre famiglie che da decenni hanno attività e interessi imprenditoriali che dipendono da una delibera di giunta, da una firma di capo settore, da un voto favorevole in questa o quella commissione consiliare. In cella da tempo il famigerato Giuseppe Polverino, alias Peppe ‘o barone, la Dda ipotizza che ci siano ancora personaggi chiave in grado di rappresentare gli interessi economici della cosca. Imprenditori-bancomat su cui c’è attenzione da mesi da parte di pm e forze dell’ordine. Intercettazioni, sommarie informazioni, perquisizioni, interrogazioni parlamentari. Da quindici giorni, l’inchiesta ha fatto registrare un passo in avanti con il sequestro di cellulari e computer di De Robbio, con le indagini a carico di presunti imprenditori o affaristi collusi. Uno scenario che ha spinto la Prefettura a giocare d’anticipo, anche in vista di un possibile intervento della Anac di Raffaele Cantone. Una mossa dettata dal prefetto partenopeo Gerarda Pantalone, che – a quanto si apprende – ha avviato l’iter di commissariamento dell’appalto per la manutenzione di acquedotto e fognature nel Comune di Quarto.

Un commissariamento che è stato disposto in seguito a una richiesta di informazioni inoltrata nei giorni scorsi dall’Autorità nazionale anticorruzione sull’appalto affidato alla Società Cooperativa Fradel, raggiunta successivamente da interdittiva antimafia. A sollevare il caso, tempo fa, era stata una interrogazione parlamentare Rosaria Capacchione e Giuseppe De Cristaro, che aveva posto l’attenzione sul procedimento amministrativo che aveva consentito alla giunta grillina di tenere in piedi una «ati» nella gestione dell’appalto, nonostante una delle aziende fosse alle prese con una interdittiva antimafia. Ma torniamo alle imprese e al possibile patto politico imprenditoriale all’ombra dei Polverino. Ipotesi investigative sostenute dal pool anticamorra del procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e del pm Henry John Woodcock, che consentono di tenere accese cimici e microspie proprio a ridosso delle scorse elezioni in territorio flegree. Riflettori puntati sul gruppo imprenditoriale della famiglia di Alfonso Cesarano, l’imprenditore che sarebbe stato sponsorizzato dall’ormai ex consigliere comunale Giovanni De Robbio. I Cesarano – scrivono i pm lo scorso 23 dicembre nel decreto di perquisizione – sono indicati come «legati al clan Polverino», quanto basta a formulare nei confronti di De Robbio l’accusa di voto di scambio e di tentata estorsione nei confronti del sindaco Rosa Capuozzo con l’aggravante del fine mafioso. Si parte da una intercettazione del primo giugno scorso, riconducibile a Luigi Giacomo Cesarano (figlio di Alfonso) in cui si parla di «accordo», di «patto» elettorale con De Robbio, poi culminato nella valanga di voti al consigliere pentastellato («Adesso si deve portare a votare chiunque esso sia, anche le vecchie ottantenni e devono mettere la X sul Movimento Cinque Stelle che è la cosa fondamentale…», si legge in una delle intercettazioni agli atti). Ma la cassaforte elettorale dei Polverino – riflettono gli inquirenti – sarebbe fatta anche di altre famiglie storicamente radicate nell’hinterland napoletano: i D’Alterio, i Castrese Paragliola, soggetti che da tempo rivendicano la correttezza della propria condotta imprenditoriale, ma che sono finiti nelle trame di indagini ancora in corso di svolgimento.

Poche famiglie – insistono gli inquirenti – che possono spostare voti e imporre ai propri dipendenti di votare un candidato di scuderia, in modo da ottenere favori in materia di licenze e di aggiudicazioni di appalti. Schema classico, che oggi ruota attorno alla figura di De Robbio: difeso dai penalisti Giuseppe Caruso e Amerigo Russo, De Robbio tace ma si dice pronto a dimostrare la propria estraneità a fatti di camorra, mentre la Procura punta a chiudere il cerchio attorno al tifo elettorale assicurato al grillino locale dai notabili di sempre.

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Fonte: Il Mattino