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CARLO FRECCERO: GRILLO USA RETE COME IL CAV USAVA LE TV

carlo-freccero-matteoderricoIn un’intervista a Natalia Lombardo nel giugno 2013 Carlo Freccero, nominato in quota Movimento 5 Stelle al Consiglio di amministrazione della Rai, così si esprime su Beppe Grillo:

«Davvero sono deluso, Grillo sembra Berlusconi, con Fini che agita il dito e gli dice: “Che fai mi cacci?”. Altro che rivoluzione della Rete, lui usa internet con la mentalità della televisione commerciale». È davvero deluso, Carlo Freccero, direttore di Rai4 e grande esperto di comunicazione e di linguaggi televisivi, dalle mosse del leader del Movimento Cinque Stelle.

Cosa ne pensa di questi processi che Grillo affida alla Rete, che ricordano la scelta feroce tra Cristo e Barabba?

«Grillo Usa la Rete per una specie di sondaggio di marketing che è tipico della tv commerciale anni 80. Ma voglio fare una premessa».

Quale?

«Giorni fa alla presentazione della sua ricerca, Giuseppe De Rita ha detto una cosa molto grave, ovvero che la riduzione del digital divide, la maggiore frequentazione di Internet, non porta necessariamente con sé una maggiore consapevolezza politica e alla partecipazione democratica, al contrario porta alla crescita dell’astensionismo. Ecco, secondo me Grillo usa la Rete in senso maggioritario».

Cosa vuole dire?

«Che le logiche usate da Grillo sono ancora televisive».

Quindi maggioritario come generalista?

«Sì, è fermo alla tv generalista quando non era assediata da Internet. Il fenomeno Grillo rappresenta oggi l’uso politico del net, ma manca totalmente lo spazio per le differenze, le decisioni si prendono per sondaggio. Le differenze non sono vissute come un arricchimento, anzi, il semplice dissenso dei voleri della maggioranza è motivo sufficiente per l’espulsione. Gli aderenti al movimento, o i simpatizzanti, devono fare proprie le convinzioni di Grillo e di Casaleggio senza contributi personali».
Infatti anche i parlamentari 5 Stelle sembra che non possano avere posizioni autonome, per altro riconosciute dalla Costituzione.

«Esattamente. Casaleggio si è espresso per limitare l’intervento del movimento 5 Stelle alla soluzioni di problemi locali, evitando teorie di macro economia. E Grillo mette insieme problemi reali o anche micro problemi, come quello della diaria parlamentare, con fantasiose teorie paramediche. Eppure senza un sistema di potere piramidale dovrebbe scaturire un confronto collettivo. Invece no. Perché Grillo è abituato a misurarsi con logiche televisive, come l’Auditel, è nato in tv».

Insomma, l’ha deluso?

«È chiaro. Il suo protagonismo di attore fa di lui un leader populista un po’ alla Berlusconi. Il padre padrone di un movimento anziché di un partito. E anche la sua assenza dalla televisione è pretestuosa, nelle misura in cui la tv non fa che parlare di lui».

Crede che sbaglino i giornalisti e la televisione a inseguire ogni mossa di Grillo?

«Questo succede perché la tv, dopo l’editto bulgaro di Berlusconi, ha il complesso d’inferiorità verso la libertà sfrenata di Internet. La censura ormai non si può fare, è una cosa antiquata e ridicola e se ci fosse stata Internet forte come oggi, l’editto bulgaro non ci sarebbe stato. Quindi l’assenza di Grillo dal piccolo schermo sembra un espediente per far parlare di sé. Un po’ come diceva Nanni Moretti, “mi si nota di più se non vengo o se vengo e mi metto da una parte?” l’assenza diventa oggetto di attenzione, così la tv lo insegue».

Lei aveva creduto nella potenzialità di cambiamento anche per la concezione della politica in Italia, grazie alla Rete. Un’occasione persa?

«Una sconfitta totale. Ora siamo al “mi piace non mi piace”, ma non basta. Dove sono finte le belle idee nate con Pierre Levy sul concetto d’intelligenza collettiva attraverso Internet? Come mai non si sono avverate con Grillo? Quell’intelligenza collettiva come costruzione comune per il superamento di problemi, forse ha una sua funzione sul sapere scientifico, nella politica siamo fermi al sondaggio, ormai Internet funziona come un talk show».

O a volte diventa uno sfogatoio?

«Già, come sfogatoio. Ma per me l’archeologia di tutto ciò è Funari, la sua trasmissione “A bocca aperta” che dava la parola a gente comune. Si parla tanto di uso interattivo, di questa rivoluzione copernicana per cui lo spettatore da passivo si fa attivo, ma questo nasce ancora prima di Internet con la tv commerciale, perché la rilevazione dell’audience è la vera matrice della programmazione, ed è così dagli anni 80. Lo spettatore si è voluto fare attore, da Funari fino al reality, in cui il narcisismo dell’uomo qualunque si fa attore e ha soddisfazione. Ecco, non siamo usciti da questo schema maggioritario. E Grillo sembra Berlusconi con Fini che gli dice “che fai mi cacci?”».

mader