Il M5S si sta accorgendo che la campagna elettorale è una cosa mentre governare è un’altra. Tra la varie promesse vi era anche quella di fermare i lavori della Tap. Il Gasdotto Trans-Adriatico, che dalla frontiera greco-turca attraverserà Grecia e Albania per approdare in Italia permettendo l’afflusso di gas naturale proveniente dall’area del Mar Caspio in Italia e in Europa.
L’idea di bloccare tutto è stata un modo per prendere qualche voto in più dalle regioni interessate dal passaggio dell’infrastruttura. Una promessa sciagurata, perché si trattava di interrompere la realizzazione di un’opera strategica. In campagna elettorale lo hanno detto, promesso e ribadito in tutte le salse possibili: la Tap verrà fermata.
Ora, spiega Barbara Lezzi, ministra per il Sud del governo gialloverde, non è così sicuro che avverrà lo stop. Anzi. “Nelle prossime 24-36 ore – ha detto – prenderemo una decisione, ma il sentiero è molto stretto. Resta un’opera non strategica scelta da un altro governo e agevolata da un altro governo. Abbiamo fatto adesso questa analisi dei costi dall’interno dei ministeri. Questi costi il Paese non può permetterseli e noi non ce la sentiamo di addossarli sui cittadini. Non abbiamo nulla di cui vergognarci, non avevamo a nostra disposizione una serie di dati che forniremo pubblicamente”. È una sconfitta per il governo? “Assolutamente no. Ho vissuto come una sconfitta il trattato del 2013”.
Insomma una ammissione chiara che quella promessa, per fortuna non realizzabile, era stata fatta a vanvera, ossia senza aver studiato la situazione e la normativa. Senza aver fatto i conti con i costi e con i benefici. Insomma una sparata improvvisata per lisciare il pelo agli elettori. Aggiunge Sergio Costa, ministro dell’Ambiente: “Abbiamo le mani legate dal costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese per fermare l’opera, ha osservato, un costo che per senso di responsabilità non possiamo permetterci. Ci saranno verifiche sulle cartografie. Ragioniamo in termini non solo tecnici ma anche di diritto amministrativo per non aprire un contenzioso che darebbe effetti devastanti. Se invece non ci sono profili di illegittimità abbiamo le mani legate non perché non l’abbiamo voluto noi”. Parole che non fanno che confermare le impressioni di improvvisazione. Si è parlato senza sapere. Senza leggere le carte.
Insomma il governo sta per rinunciare. Fermare il progetto costerebbe troppo. È questo l’esito dell’incontro di lunedì 15 ottobre a Palazzo Chigi, incontro a cui hanno preso parte il premier Conte, i ministri Costa e Lezzi e alcuni esponenti della politica salentina a Cinquestelle (consiglieri regionali e comunali), l’area della Puglia maggiormente coinvolta dal progetto. Un incontro molto delicato. “Le conseguenze economiche dell’abbandono del progetto del gasdotto Tap sono tutte da dimostrare”, ha detto ieri sera il sindaco di Melendugno, Marco Potì, dopo l’incontro a Palazzo Chigi. Potì ha riferito il ragionamento esposto dal sottosegretario allo Sviluppo, Andrea Cioffi. “Sono stati calcolati 20 miliardi di penali come costo di abbandoni l’opera si è detto che costa 4,5 miliardi, contrattualizzati con le varie ditte. Al momento è stato realizzato l’80% per 3,5 miliardi, per cui quelli occorrerebbe risarcirli. Inoltre, ci sarebbero eventuali altre penali, relative al mancato utile, ecc., a cui bisogna aggiungere il mancato utile sui flussi del gas per 11,2 miliardi di euro. Inoltre se questo gas non arriva ai clienti con cui hanno fatto i contratti ma si vende sul mercato turco, costerebbe 7 miliardi di euro. Il totale sarebbe 20 miliardi”.
I no tap ovviamente sono sul piede di guerra: “Se non siete in grado di fermare l’opera dimettetevi”. È l’invito rivolto dal portavoce del Movimento No Tap, Gianluca Maggiore, agli esponenti di M5S. La ripresa dei lavori di costruzione dell’opera, fermi da maggio, è prevista a breve. La nave Adhemar de Saint Venant, che svolgerà i primi lavori propedeutici alla realizzazione del gasdotto nel tratto di mare antistante San Foca a Melendugno, si prepara a partire dal porto di Brindisi. A bordo sono in corso le ultime attività tecniche poi, se le condizioni meteomarine lo consentiranno, la nave salperà dalla banchina di Costa Morena, dove si trova ormeggiata da alcuni giorni.